
Entra in vigore giovedì 31 Gennaio 2019 la nuova Legge Anticorruzione n.3/2019, meglio conosciuta come
Legge “spazzacorrotti”, contenente misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione
nonché in materia di prescrizione del reato e di trasparenza dei partiti e dei movimenti politici.
Si tratta di una riforma ad ampio spettro, che interviene sia sul piano del diritto sostanziale, con modifiche
di disposizioni del Codice Penale, del Codice di Procedura Penale e di alcune leggi speciali (di cui il D. Lgs
231/01), che su quello investigativo e processuale.
L’obiettivo primario della riforma è quello di contrastare efficacemente i gravi danni prodotti al tessuto
sociale ed economico del paese dal fenomeno della corruzione nel settore pubblico, attraverso il
potenziamento dell’attività di prevenzione, accertamento e repressione dei reati contro la PA, assicurando
una maggior incisività all’azione penale contro tale tipologia di reato.
Tra le modifiche di maggior rilievo si segnalano:
l’inasprimento della disciplina delle pene accessorie nei casi di condanna a reati contro la PA:
i)l’estensione della pena accessoria dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione ai casi
di condanna per i reati di peculato, corruzione in atti giudiziari, traffico di influenze illecite; ii)
l’estensione delle pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’incapacità in perpetuo
di contrattare con la pubblica amministrazione ai casi di condanna per i reati di corruzione impropria,
corruzione propria aggravata, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di persona
incaricata di pubblico servizio, corruzione attiva, istigazione alla corruzione, corruzione commessa da
membri della Corte penale internazionale, da organi e funzionari dell’Unione europea o di Stati esteri,
traffico di influenze illecite; l’aumento della durata minima (da 1 a 5 anni) e massima (da 5 a 7 anni),
della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per i reati su indicati; iii) la
previsione di una riduzione della durata della pena accessoria dell’interdizione temporanea (minimo 1,
massimo 5 anni) nei casi di collaborazione del condannato; iv) la previsione dell’inefficacia della
riabilitazione sulle pene accessorie perpetue, salva la possibilità di dichiarare estinta la pena decorso un
termine non inferiore a sette anni, quando il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona
condotta; v) l’attribuzione al giudice della facoltà di non estendere gli effetti della sospensione
condizionale della pena anche alle pene accessorie;
l’aumento delle pene per i delitti di corruzione impropria e di appropriazione indebita, nonché la
riformulazione di alcune fattispecie delittuose, quali il delitto di traffico di influenze illecite e il reato di
abuso di ufficio;
l’introduzione di una causa speciale di non punibilità per alcuni delitti di corruzione e induzione e
indebita, destinata ad opera quando l’autore del reato lo denuncia volontariamente e fornisce
indicazioni utili per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili;
l’introduzione della procedibilità d’ufficio per alcuni reati, quali corruzione tra privati, istigazione alla
corruzione tra privati, alcune ipotesi più gravi di appropriazione indebita;
l’estensione della disciplina delle operazioni di polizia sotto copertura al contrasto di alcuni reati
contro la PA, tra cui concussione, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto
contrario ai doveri d’ufficio, corruzione propria aggravata, corruzione in atti giudiziari, induzione
indebita, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio, corruzione attiva, istigazione alla
corruzione attiva, traffico di influenze illecite, turbata libertà di procedimento per la scelta del
contraente;
le disposizioni volte a rendere più trasparente il finanziamento di partiti, movimenti politici e
fondazioni.
La legge “spazzacorrotti” ha importanti ricadute anche sulla disciplina della responsabilità amministrativa
delle società e degli enti prevista dal D. Lgs 231/01, in particolare:
Estensione del catalogo di reati presupposto che possono dar luogo alla responsabilità dell’ente con
l’introduzione all’art. 25 del D. Lgs 231/01 del reato di “traffico di influenze illecite” previsto e
punito dall’art. 346 bis del Codice Penale (“chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli
articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322-bis, sfruttando o vantando
relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno
degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri,
denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un
incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, ovvero per
remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri”).
L’introduzione di tale fattispecie nel catalogo dei reati presupposto 231 comporta necessariamente
un doveroso ed attento aggiornamento dell’analisi dei rischi e, di conseguenza del Modello di
Organizzazione e Gestione, da parte di quegli enti che hanno già adottato tale strumento.
Di contro, per quelle società o enti sprovvisti del Modello, considerata la potenziale estensione
della fattispecie, tale novità rappresenta senza dubbio un valido motivo per valutare l’adozione di
un Modello di Organizzazione e Gestione ai sensi del D. Lgs 231/01.
Inasprimento della sanzione interdittiva prevista per i reati di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 25 (reati di
concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità o corruzione: ante riforma era prevista
una durata non inferiore ad un anno, dal 31 gennaio la sanzione interdittiva avrà durata “non
inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni” ove il reato presupposto sia stato commesso
da un soggetto apicale ovvero durata “non inferiore a due anni e non superiore a quattro anni” ove
il reato presupposto sia stato, invece, commesso da un soggetto sottoposto alla direzione e
controllo del soggetto apicale. Il riformato art. 25, comma 5 D. Lgs. 231 01 prevede una sanzione
interdittiva più elevata con una cornice edittale che varia a seconda del ruolo dell’autore del reato
presupposto (più aspra per soggetto apicale) con riferimento alle sanzioni di cui all’art. 9 comma 2
D. Lgs 231/01 (interdizione dall’esercizio dell’attività, alla sospensione o revoca delle autorizzazioni,
licenze o concessioni, al divieto di contrattare con la P.A., all’esclusione da agevolazioni,
finanziamenti, contributi o sussidi e all’eventuale divieto di pubblicizzare beni o servizi)
Introduzione al comma 5 bis di una sanzione interdittiva attenuata (“non inferiore a tre mesi e non
superiore a due anni”) nel caso in cui, prima della sentenza di primo grado, l’Ente si sia
efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori,
per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione dei responsabili ovvero per il sequestro delle
somme o altre utilità e abbia eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato
mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di
quello verificatosi. Viene pertanto prevista, per la società o l’ente che collabora, uno sconto della
pena che però non riguarda il reato presupposto del traffico di influenze illecite, visto l’inserimento
dell’art. 346 bis c.p. nel solo primo comma e del mancato rinvio allo stesso nel comma 5 e,
conseguentemente, nel comma 5 bis e vista, dunque, la mancata previsione di sanzioni interdittive
per l’Ente al riguardo.