
Con un’interessante pronuncia, la Corte di Cassazione (sentenza n. 9454/2019, sez. IV, 05 marzo 2019), è intervenuta in merito all’obbligo di vigilanza in capo al Datore di Lavoro specificandone i relativi i limiti.
IL FATTO
Alla società coinvolta, una fonderia che si occupa della lavorazione e fusione di articoli in alluminio a mezzo pressofusione, è stata contestata l’illecito amministrativo di cui all’art 25 septies del D. Lgs 231/01 a seguito dell’infortunio verificatosi ai danni di una propria dipendente. Quest’ultima, addetta alla sabbiatura, sbavatura e tranciatura dei pezzi, dopo aver collocato nella pressa i pezzi da sottoporre a lavorazione, nell’atto del recupero degli stessi, si infortunava gravemente alla mano a causa del distacco dalla macchina di un pezzo dello stampo (malattia di durata superiore a 40 giorni e indebolimento permanente dell’organo della prensione).
Da precisare che gli stampi venivano sempre cambiati, a seconda del pezzo da produrre, e venivano forniti direttamente dalle aziende clienti della società coinvolta.
Al Datore di Lavoro veniva pertanto addebitata la non adozione di idonee misure a garanzia della corretta installazione e manutenzione dei requisiti di sicurezza degli stampi applicati alla pressa, in violazione dell’art. 71, comma 4, lett. a), D. Lgs 81/2008.
L’imputato e la fonderia respingevano le accuse a loro carico sostenendo, tra le altre cose, di non aver alcune responsabilità in merito a materiale fornito da altri.
La società inoltre, tra i motivi di ricorso, sosteneva l’insussistenza di un interesse della stessa alla commissione del reato presupposto, rappresentato dalla più celere e proficua lavorazione; la fonderia di contro sosteneva l’esistenza e l’applicazione di una procedura operativa e il costante monitoraggio, controllo e manutenzione periodica delle macchine, a dimostrazione della politica aziendale volta alla garanzia della sicurezza dei lavoratori.
LA DECISIONE DELLA CORTE
Nonostante i motivi di ricorso presentati dalle parti, la Cassazione ha confermato i giudizi di merito affermando che “lo stampo della pressa meccanica non poteva non essere correlato da specifiche indicazioni tecniche da conoscere e di cui tenere conto, altrimenti, adoperando cioè un accessorio di natura ignota, il datore di lavoro espone i dipendenti ad un rischio di cui deve assumersi la responsabilità, poiché non è governabile, non essendo in grado di valutare i requisiti di idoneità e di sicurezza dello strumento complessivamente assemblato, in violazione dell’art. 71 del D. Lgs. n. 81 del 2008”.
Inoltre, ha proseguito la Corte, “non esonera da responsabilità il datore di lavoro l’avere adoperato stampi di volta in volta forniti dai clienti, poiché tale prassi concretizza, in realtà, una reiterata negligenza”.
La suprema Corte infine ha ritenuto esistente anche l’interesse della fonderia alla commissione del reato, dal momento che il vantaggio dell’ente si desume, non in maniera illogica, dalla maggior velocità nella realizzazione degli oggetti in alluminio e, soprattutto dalla mancata produzione della documentazione relativa alla strumentazione e dalla insufficiente prassi operativa applicata in azienda.
Decisamente interessante quindi quanto espresso dalla presente sentenza, in cui viene ben definito il limite del potere di vigilanza del Datore di Lavoro nel caso in cui la società utilizzi, per la produzione di proprie lavorazioni, strumenti o parti meccaniche di altre aziende: la società deve comunque comportarsi in modo diligente, assicurandosi che tali strumentazioni siano corredate da apposite e specifiche certificazioni, richiedendo istruzioni operative sul corretto utilizzo degli apparecchi e controllando la sicurezza complessiva del macchinario.