
Si è conclusa il 17 maggio con il patteggiamento per 10 imputati (da pochi mesi ad oltre un anno di reclusione più una multa), e di 6 società per responsabilità amministrativa (ex D.Lgs 231/01) il processo relativo all’inchiesta che ha coinvolto due tra i prodotti DOP più famosi al mondo, il Prosciutto di Parma e quello di San Daniele.
I Fatti
L’inchiesta parte nel 2014 quando la Procura di Torino scopre una vera e propria frode in commercio (accuse poi confermate dalle condanne) poste in essere da alcune aziende che, violando le rigide disposizioni contenute nei disciplinari, hanno utilizzato per la produzione del prosciutto di Parma e San Daniele, carne di maiale danese non ammessa dai Regolamenti. L’utilizzo di suini danesi rispetto a quelli italiani permetteva agli allevatori l’abbattimento dei costi dovuti alla crescita più rapida dei suini danesi oltre che alla maggiore resa della loro carcassa: niente di pericoloso per la salute, ma sicuramente una lesione dei diritti contrattuali e patrimoniali dei consumatori che pensavano di acquistare un certo tipo di prodotto, con determinate caratteristiche tutelate dai disciplinari dei Consorzi.
A seguito di tale scoperta i due enti certificatori, accreditati per controllare le fasi di allevamento e stagionatura (Istituto Parma Qualità e Ifcq Certificazioni), sono stati commissariati dal Ministero delle politiche agricole per ben due volte, la prima nel corso del 2018 per 6 mesi e poi per ulteriori 3 mesi nel il 16 maggio u.s., a causa di una evidente e palese negligenza nella propria attività di controllori e supervisori della filiera del rispetto dei disciplinari del Prosciutto di Parma e del San Daniele.
Le responsabilità di questa frode di certo non coinvolgano solamente gli allevamenti, non potendo escludersi una responsabilità anche dei macelli e dei prosciuttifici che certamente non potevano non sapere. Tuttavia, non essendo possibile fare di tutta l’erba un fascio, l’adozione di un Modello di Organizzazione e Gestione permetterebbe alle aziende “oneste” di disporre di un sistema di controlli in grado di ridurre sensibilmente il rischio per le stesse di essere coinvolte in frodi commerciali, attraverso l’implementazione di protocolli che permettono una puntuale vigilanza su tutta la filiera.